Aprile 2016: Miquela Sousa,  l’influencer meglio nota come Lil Miquela fa la sua comparsa su Instagram.

La lentigginosa diciannovenne, veste Prada, Chanel e Supreme. Ha pubblicato un singolo su Spotify “Not mine” divenuto virale nell’agosto del 2017. Vive a Los Angeles ma ha origini Ispanico-Brasiliane.

Come tutte le influencer ha fan (per la precisione un milione su instagram) e hater che riempiono di commenti le sue foto, ogni giorno.

La giovane sembrerebbe un’influencer come tante, con le sue pose accattivanti e le inquadrature ben studiate; una sola cosa la differenzia dalle altre: Lil Miquela è frutto di una memoria virtuale, in poche parole  è una simulazione digitale.

I suoi creatori hanno deciso di mantenere l’anonimato, eppure all’inizio quasi nessuno si era accorto di questa anomalia; dopo qualche tempo i sospetti e poi le accuse di fake sono piovuti copiosi sotto le foto della ragazza in 3D. Il perché di tanto accanimento apre altri interrogativi: le modelle virtuali fanno concorrenza a quelle in carne ed ossa?  Miquela è stata concepita come un esperimento sociale o come un’operazione di marketing a tutti gli effetti?

Sebbene abbia dichiarato esplicitamente tramite un’intervista di non essere retribuita dai brand che sponsorizza,  la ragazza virtuale non nega possibili collaborazioni che potrebbero nascere un domani.

Riflettendo attentamente su quanto detto, se la gente confida nel parere di una cyber doll che non può esprimere una sua personale opinione riguardo alla morbidezza piuttosto che alla versatilità di un capo, in futuro ogni brand potrà avere il suo personale avatar influencer, molto più “facile” da controllare e da sfruttare per veicolare i propri valori in maniera diretta e totalizzante, senza intermediari umani e, ovviamente, senza “sorprese”.

Lil Miquela piace tanto da spingere i fan a scrivere sotto le sue foto Instagram commenti come :”sei così carina”, oppure: “sei l’essere umano più carino che esista”, “non posso credere che tu sia un robot perché sei così bella”,”vorrei essere come te”.

Non mancano commenti negativi, eppure fa uno strano  effetto notare che le persone possano provare empatia/ rifiuto nei confronti di un essere inanimato.

Che siano commenti di disapprovazione o di stima, quelli sotto le foto del profilo Instagram di Lil Miquela rendono noto un dato considerevole: la generazione attuale è capace di farsi coinvolgere emotivamente anche da ciò che di fatto non esiste. Opinioni opposte dichiarano che le influencer virtuali non prenderanno mai il sopravvento su quelle vere perché esse non potranno mai creare una connessione emozionale con i propri follower che dunque non saranno mai spinti a volersi identificare con loro.

Bisogna precisare che l’aspetto umano è alla base del successo delle influencer, eppure il caso di Miquela sembra mettere in discussione questo  presupposto apparentemente fondamentale.

L’estetica dell’abito prevale sulle sue funzionalità. A quanto pare non ci interessa più sapere se il capo che vogliamo acquistare sia comodo, pratico, caldo ecc. ; ci interessa piuttosto capire quale modella/influencer lo indossi per sentirci sicuri e cool come lei.

Secondo David Polgar, studioso di etica tecnologica, le modelle digitali devono essere “trattate” come un marchio, e non come delle persone, per evitare che il confine tra finzione e realtà sfumi ulteriormente.

La giovane ispanico-brasiliana non è il solo caso di cyber girl, nel 2018 è la bellissima Shudu ad incantare il web con la sua pelle d’ebano e le labbra carnose, attualmente volto per la campagna pubblicitaria della pre-fall 18 di Balmain. Anche in questo caso la veridicità della ragazza viene messa in discussione e scoppiano polemiche di ogni sorta, in testa quella che accusa il suo creatore, Cameron-James Wilson, di razzismo.

Wilson dichiara di voler celebrare la bellezza delle donne di colore e considera la sua creatura una vera e propria opera d’arte, da non confondere con modelle in carne ed ossa.

Le polemiche scaturite in seguito alla creazione di queste influencer virtuali hanno sollevato un ulteriore dibattito sull’immagine irrealistica del corpo femminile che queste modelle umanoidi ci propongono. In fin dei conti questa polemica è alquanto contraddittoria; di fatti le persone si indignano perchè non vogliono essere influenzate dall’immagine finta di un avatar, senza rendersi conto che Instagram altro non è che una versione digitale di noi, e che l’immagine che proponiamo sul social è falsata tanto quanto quella delle modelle virtuali; il che le rende artificiose esattamente quanto le influencer dotate di un sistema nervoso.

Su internet è possibile trovare un consistente numero di tutorial che si profondono nel consigliarci su come rendere i nostri selfie più accattivanti, come scattare le foto per ottenere gambe più sode, come trovare la giusta illuminazione ecc. Questi piccoli espedienti – oltre ad essere sfruttati da milioni di influencer – altro non fanno che incoraggiare verso il mondo della non realtà. Ma dal momento che la spontaneità non è certamente una prerogativa delle fashion blogger, perché scandalizzarsi tanto per una influencer  virtuale che posta foto su Instagram?

Riflettendoci un po’ su , in fondo sono meno fuori luogo le influencer digitali che  cercano di sembrare vere che quelle in carne ed ossa che cercano di sembrare finte. Sarebbe giunta l’ora di restituire al mondo virtuale ciò che virtuale è, la carne teniamocela per noi!

Per comprendere meglio il trend delle modelle virtuali abbiamo intervistato Davide Fornari, professore associato all’ ECAL University of Art and Design di Losanna.

Ultimamente le case di moda stanno sfruttando le modelle virtuali come mezzo utile per veicolare i propri valori senza doversi appellare a persone vere. Perché i brand si affidano a modelle 3D piuttosto che a persone in carne ed ossa? 

Gli artefatti umanoidi (robot o human digital assistant) permettono la moltiplicazione (del lavoro, dei valori, delle plusvalenze). Per la loro natura artificiale, dipendono unicamente da chi ne garantisce la funzionalità tecnica, che nel caso delle modelle virtuali è delegata a un digital designer. 

Una modella virtuale è ‘perfetta’ perché può essere modellata su canoni decisi a priori. Non invecchia, è sempre disponibile, non ha un cachet, non ha diritti, non richiede grooming o styling, non deve firmare un copyright release.

Ovviamente esiste solo su Instagram: non ha una personalità, non indossa nulla che non le venga progettato addosso. In un certo senso non è pienamente partecipe dei meccanismi della moda: quale glamour può evocare oltre a quello di Instagram?

 

Questo fenomeno apre un nuovo tipo di comunicazione, dunque quali sono gli scenari futuri ai quali potremmo assistere?

Difficile predire scenari futuri. Naturalmente ci sono comportamenti ricorrenti: gli human digital assistant sono stati innovativi nei primi anni 2000, e sono spariti nel tempo. Ikea aveva messo a disposizione Anna, una assistente digitale declinata in varie versioni secondo i siti nazionali, ma evidentemente non è stata più ritenuta necessaria col passare degli anni.

Le modelle virtuali continueranno a esistere per il lasso di tempo utile al marketing della moda. Sicuramente servono a costruire il marchio in modo collaterale rispetto alla pubblicità tradizionale, e in maniera totalmente controllabile dal brand.

Inoltre, le modelle virtuali utilizzano i loro profili instagram come qualsiasi influencer in carne ed ossa, rispondono ai commenti negativi o positivi sotto le proprie foto. Per quale motivo si crea una connessione emotiva con questi personaggi virtuali? E’ possibile accanirsi o affezionarsi a personaggi non esistenti?

Il cervello umano è programmato per rispondere agli stimoli di qualsiasi entità che abbia una configurazione facciale. Esiste perfino un errore della mente, la pareidolia, per cui ci illudiamo in maniera istintiva e automatica di vedere volti che in realtà sono solo aree chiare o scure distanziate secondo proporzioni che ci fanno immaginare un volto. Reagire a volti, reali o artificiali, è quindi connaturato al nostro sistema percettivo e cognitivo, così come sviluppare in maniera immediata dei sentimenti di repulsione o attrazione verso di essi.

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Lil Miquela

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Lil miquela / editorial for High Snobiety

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shudu gram balmain influencer virtuale

Shudu.gram

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Shudu.gram

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Shudu.gram x Balmain