Intro

Legata alla sua terra e al suo mare, di origini siciliane è la giovane designer Giulia Amodio che, fin da bambina, ha sempre avuto le idee chiare su quale dovesse essere il suo futuro. Considerata da lei una forma d’arte, al pari della pittura e della scultura, si avvicina al mondo della moda subito dopo gli anni del liceo. Dopo un anno di studi di Industrial Design all’università di Palermo, dà un taglio radicale alla sua vita, trasferendosi a Milano per seguire il suo sogno.

Laureatasi nel 2016 in Jewellery & Accessories design al Politecnico di Milano, dirige il suo interesse verso l’universo del gioiello, un mondo che sente più simile a se stessa, per via dell’attaccamento alle tradizioni. Dopo alcune esperienze lavorative decide di emergere nel mercato dell’oreficeria debuttando con la sua prima collezione Uranìa, una mini collezione di gioielli ispirati alle costellazioni.

Descrivi te stessa e le tue passioni: come sei arrivata alla gioielleria?

Sono una designer siciliana, ho 25 anni e sono nata e cresciuta ad Agrigento. Ho sempre considerato la moda una vera e propria forma d’arte, per questo ho deciso di laurearmi in fashion design con una specializzazione in Jewellery & Accessories design al Politecnico di Milano.  Solo in corso d’opera ho capito quanto il mondo del gioiello si muove ad una velocità diversa dal contesto moda generale e mantiene un attaccamento più saldo alle tradizioni, pur prestando una particolare attenzione all’innovazione in ambito di materiali e tecniche di lavorazione. Lo scorso anno, dopo aver lavorato per un piccolo brand milanese in fase di espansione, ho deciso di concentrarmi sui miei progetti personali, impegnandomi nella realizzazione dei miei gioielli. So che devo ancora fare molta strada, ma la prima esperienza lavorativa mi ha motivata molto. Ho deciso di continuare il mio percorso di formazione perché progettare senza sapere la quantità e la tipologia di lavoro che occorre per realizzare un oggetto è limitativo, sia per un fattore tecnico che in tema di creatività. Ho quindi trascorso gli ultimi mesi in un laboratorio orafo, dove ho appreso le tecniche base nel campo dell’oreficeria e ho sfruttato questi insegnamenti per l’ammissione ad un programma di formazione promosso dalla prestigiosa casa orafa Bulgari, che grazie all’istituzione di accademia, investe sui giovani con l’obbiettivo di inserirli nel mondo del lavoro.

Che cos’è per te il mare? 

Spero sempre di non apparire esageratamente romantica e sognante quando mi trovo a parlare del mare, ma lo considero una parte di me, quasi come se fossi proprio fatta di onde, di sale e di sabbia. Non me lo sarei aspettato, ma devo ammettere che è abbastanza difficile spiegare cosa può significare il mare dal punto di vista di una persona che ci è cresciuta: è una seconda casa in un certo senso, o un amico che ci conosce da sempre, o ancora, un saggio confidente che racchiude l’essenza della vita. Tutte le volte che lo rivedo dopo tanto tempo nella pienezza di ogni sua sfumatura provo un’emozione indescrivibile, forse la cosa che più si avvicina all’amore.

Parlami del concept e delle ispirazioni della tua ultima collezione. 

Più che lavorare su specifiche collezioni di solito cerco di seguire delle tematiche che possano accomunare i gioielli che creo. Al momento sono focalizzata sul tema delle costellazioni che identifico con il nome Uranìa, una delle nove muse, protettrice dei cieli e dell’astronomia. È lei che secondo gli antichi greci vegliava sui marinai, che nelle notti di navigazione rivolgevano preghiere alle stelle e se ne servivano per orientarsi in mare aperto. Si tratta di una serie di bijoux in ottone e argento su cui sono incise le costellazioni della volta celeste attraverso tecniche manuali, ma anche incisioni al laser.

Quanto la tua terra influenza il tuo lavoro e le tue creazioni?

Credo che la terra in cui nasciamo condizioni in maniera determinante il nostro modo di essere e il nostro approccio nei confronti della vita. La Sicilia, con i suoi pregi e difetti, mi ha insegnato il valore della bellezza che il mondo ci offre e a saperlo riconoscere; il profumo del mare mi trasmette l’energia dei popoli che nel corso dei secoli hanno incontrato Agrigento nel loro cammino e le hanno donato frammenti della propria cultura attraverso miti, architettura e tradizioni. Sono sempre stata affascinata dalla mitologia e dai racconti di mare e li trovo un’ottima fonte di ispirazione. La collezione Uranìa ne è un esempio.

Cosa vuol dire essere artigiano oggi? Quali sono le difficoltà e le opportunità di oggi nel mondo dell’oreficeria?

Il ruolo dell’artigiano ha subito un gran cambiamento negli ultimi anni: il mondo dell’oreficeria si è evoluto insieme a tecnologie e mercato. Il gioiello stesso viene percepito in maniera differente rispetto al passato e l’artigianato ha lasciato spazio a realtà più grandi che puntano su qualità e grandi produzioni trascurando in un certo senso la peculiarità intrinseca di ogni singolo pezzo. Ogni gioiello racchiude in sé una storia, raccontata dalle mani che l’hanno plasmata. Credo sia questo l’aspetto più affascinante dell’oreficeria ed è compito dell’artigiano riuscire a trasmetterlo.

Con quali materiali prediligi lavorare?

Uso principalmente l’argento e l’ottone, che sono i primi materiali che ho imparato a lavorare, di cui apprezzo le caratteristiche fisiche e meccaniche, ma anche quelle estetiche: sono metalli che rispondono bene ad agenti esterni e non necessitano particolari lavori di finitura per mantenere vive le gamme cromatiche.

Quali designer ami e ispirano il tuo lavoro?

Traggo ispirazione da tutto ciò con cui mi trovo a stretto contatto; ho avuto modo di conoscere alcune realtà italiane del bijou contemporaneo che mi hanno saputo dare grandi insegnamenti sia in termini stilistici che tecnici. Tra i grandi designer a livello internazionale trovo molto interessanti le collezioni di Pamela Love, Delfina Delettrez e Daniela Villegas, che accostano forme semplici ad un uso mirato e concettuale delle gemme preziose.

Un gioiello che ami?

Il mio gioiello del cuore è senza dubbio il primo anello che mia madre mi ha prestato quando ero adolescente: è un anello d’oro a maglie mobili che negli anni è stato modificato più volte su direttiva di mia madre, che ha sempre avuto grandi attitudini al design.