Chi vive a Napoli, assume delle pose che nessuno fa. A Napoli ci ho vissuto per un po’, studiavo lontana da casa mia e mi faceva comodo avere la famosa ‘stanza in affitto’.

Durante il mio soggiorno lì ho scoperto che è vietato, alla mattina, non spalancare le finestre perché ‘la casa deve ariare’. Questo rito, che sembra comune e banale, avviene però con un sottofondo musicale che trova collocazione nei vicoli dei quartieri così come al centro: le canzoni neomelodiche.

Il neomelodico ha assunto per me sfaccettature diverse da quelle che aveva sempre contraddistinto questo genere musicale che ho sempre (non)ascoltato con sprezzante distacco.

Da quel momento profumava di sapone, di aria fresca, e aveva dei coristi privilegiati e inconsapevoli: i passanti. Le persone del posto, erano coristi e comparse dei video che sempre più si fanno spazio nel panorama musicale italiano, che si arricchisce di sfaccettature e look sempre meno folcloristici e più modaioli.

Ma torniamo ai codici stilistici della terra più contraddittoria d’Italia: come dimenticare i pantaloni con scritte quasi al neon, o i cosiddetti falsi, capi d abbigliamento provenienti dal mondo del tarocco – “non è falso, è parallelo” (???) cit.; Impossibile rimuovere le lampade trifacciali che facevano il verso alla voce ‘provenienza’ su carte d’identità, alludendo ad un’origine esotica, o le stirature alla cheratina che incorniciavano ombretti azzurri e labbra tatuate.

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Nino D’Angelo

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Rosario Miraggio

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Tony Colombo

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Napoli

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Scianel // Gomorra

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Napoli

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Nino D’Angelo // Un jeans e una maglietta

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Napoli

Oltre ai classici luoghi comuni ai quali siamo abituati da tempo immemore, a Napoli ci sono sempre stati strati sociali che, incredibile a credersi, erano il contrappeso della bilancia ‘tamarra’. Che queste correnti clean abbiano contaminato il variegato mondo dei neomelodici? Sembra che da quando Riccardo Tisci sia atterrato tra i vicoli per la campagna ‘Napoli beyond Givenchy’, lo streetwear si sia ripulito e innalzato. Oramai i codici sono universali, ma a Napoli si sa, ciò che è universalmente riconosciuto come “alla moda”, si contamina di personalizzazioni e guizzi creativi unici.

Basti pensare al nuovo mito, ‘Topolino’, al secolo Antonio Borrelli, colui che ha inventato ‘la posteggia aerea’. Il cantante improvvisa serenate al contrario per i passanti, lui sul suo balcone, e loro giù, e alla fine dell’esibizione si palesa la sua etichetta discografica: un paniere calato per raccogliere le offerte. Non lo trovate romanticissimo? Credevamo che i baci mandati alla telecamera, gli orecchini abbaglianti, le scarpe da ginnastica con zeppa annessa, le camicie viola satinate (sì, vio-la-e-sa-ti-na-te) che i piccoli e ben più poveri Kanye West partenopei accompagnavano ai loro testi di sofferenze d’amore forgiassero un’egomania mai più scalfita? Credevamo. Oggi nuovi codici di abbigliamento non rispettano più quelli dei candidati ideali ad essere i figli legittimi di Scianel di Gomorra. Che la tuta (in ciniglia e non) non sia più il must indiscusso del guardaroba di tutti gli over 60 di Napoli e provincia? Esatto.

Parlamm chianu chian’, canta Liberato – leggi qui l’articolo Uncool: Napoli – ultima scoperta significativa del panorama partenopeo, e forse è proprio questo il senso: niente più stridule forzature, niente più look Tamarri. La protagonista dell’ultimo video del singolo ‘Tu t’è scurdat’ e’ me’ è una eterea Demetra Avincola, di camicia in lino e longuette in jeans vestita, immersa in un contesto che alterna palazzoni di periferia in perfetto stile Bronx a scenari poetici e assolutamente non ridondanti.

Infondo Napoli è questo: è la foto dei nonni in cornice barocca affianco al letto su cui la nipote diventa donna, è il sacro e il profano allo stesso numero civico, è un autobus di linea da rottamare su strade nobili e chic. Ti da e ti toglie. Napoli oggi è equilibrio.

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Liberato / Tu t’è scurdat’e’ me’

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Liberato / 9 Maggio

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Indivisibili // Edoardo De Angelis

Naples beyond Givenchy

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