Nel mondo occidentale la tintarella, tramandataci dalla cultura americana, è da sempre sinonimo di bellezza, sportività e salute. Nonostante le numerose ricerche mediche effettuate nell’ultimo decennio, che hanno dimostrato quanto l’eccessiva esposizione ai raggi solari sia dannosa per la pelle, per molti è ancora difficile rinunciare alla tanto ambita carnagione dorata e alle numerose ore distesi al sole. Completamente su un’onda culturale differente è il versante orientale, nel quale, durante gli ultimi anni, si è diffusa la moda del facekini.
L’abbandono della perfezione del candore niveo della pelle femminile, tanto lodato dai cantori dello Stilnovo e dall’Impero Romano, è avvenuta negli anni ‘20 del Novecento. La famosa stilista francese Coco Chanel, di ritorno da una vacanza sulla Costa Azzurra, portò in auge l’abbronzatura a favore della liberazione dell’abbigliamento femminile da velette, parasoli e calze ingombranti. Iniziarono da quel decennio a diffondersi varie culture legate al nudismo e al corpo libero, per ricostruire un contatto diretto con la natura, e si diffusero varie invenzioni come la crema solare, l’olio abbronzante e le lampade, passate da un uso per scopi medici ad un uso estetico. L’abbronzatura-mania ebbe un alto picco negli anni Settanta, quando l’abbigliamento serviva per “decorare e non vestire” e le lunghezze si riducevano sempre più per lasciare maggiore superficie del corpo da scurire. In meno di un decennio il culto della pelle caramello, presente tutto l’anno, divenne il simbolo del successo sociale e della ricchezza. Numerosi casi di malattie della cute sono comparsi nel nuovo millennio che hanno così portato a rivalutare l’eccessiva esposizione ai raggi solari. L’abbronzatura non è più associata al benessere, ma i raggi UV sono qualcosa dal quale ci si deve proteggere. La fair skin ha così riconquistato il suo posto come carnagione ideale fra molti, soprattutto in Cina, sulle quali spiagge sono sfoggiate diverse varietà di facekini. Così tanto nominato recentemente, cos’è davvero?
Il facekini, inventato da Zhang Shifan nel 2004, è una maschera protettiva per il viso. La pelle abbronzata non è favorita da molti paesi asiatici, in cui è invece presente un vasto mercato di prodotti di bellezza che promettono una pelle più chiara, permettendo così a questo nuovo indumento da mare di raggiungere una fama sempre maggiore. La sua popolarità sulle coste cinesi ha fatto sì che si facesse largo anche su pagine di riviste patinate di moda e ottenesse il sigillo di approvazione dalla Skin Cancer Foundation. Si presenta come un passamontagna, come una maschera indossata dai lottatori messicani – così definita dal fotografo e produttore cinematografico Philipp Engelhorn – realizzata in gomma o in lycra e con dei fori per occhi, naso e bocca. Invenzione così stravagante, tanto da poter essere progettata dall’artista e designer Leigh Bowery, oltre ad essere una protezione dai raggi ultravioletti, questo costume protegge chi lo indossa anche da altri possibili fastidi, come punture di medusa, rocce e sabbia. Inizialmente presenti sul mercato con un design molto semplice e monocolore, oggi la possibilità di scelta è ampliata, con interi completi stampati in fantasie disparate: dai fiori al tartan, dal leopardato ai pois scarlatti in pieno stile Yayoi Kusama, ogni nuotatore è libero di esprimere il proprio stile e il proprio senso della moda.
Apprezzata in particolar modo dalle donne mature, favorevoli all’uso del facekini in spiaggia poiché lascia loro la libertà di indossare costumi da bagno in pubblico, restando in anonimato, questa insolita tendenza è stata ripresa negli scatti di P. Engelhorn. Scattate appena fuori città, sulle spiagge di Qingdao, di seguito le foto documento del trend del facekini.










Photos / Philipp Engelhorn
Photo cover / Getty