Ogni persona ha un’ossessione maniacale. Siamo soliti collezionare oggetti per passione: cartoline, francobolli, tappi, figurine e ogni cosa sia possibile immaginare. La giovane designer Helena Bajaj Larsen è una collezionatrice diversa. Dai suoi viaggi è solita raccogliere gioielli e fotografie. È questo il punto di partenza della creazione della collezione del suo nuovo e omonimo brand di moda.
Nata e cresciuta a Parigi da madre pittrice indiana e padre accademico norvegese, fin da piccola Helena Bajaj Larsen ha sempre avuto una grande passione per l’arte e le mostre. La sua scelta di coltivare la sua passione per l’arte l’ha portata a studiare fashion design al Parsons Design School di New York, poiché “il design è l’unico mezzo che unisce l’arte all’utilità”. L’amore per la gioielleria accompagna la ventiduenne designer fin da bambina, perché è un parte importante per le sue origini indiane. Già a quattordici anni, Helena andò a visitare la fabbrica di Amrapali in Jaipur e rimase completamente colpita dalla scoperta di tutto il lavoro artigianale che è nascosto dietro la creazione di ogni singolo pezzo.
Quando ha scoperto che la Parsons aveva aperto un corso facoltativo di gioielleria, tenuto da George Plionis, era così emozionata che subito si è iscritta. New York ha fatto la sua fortuna: durante i suoi studi lì, ha imparato come cimentarsi in ogni tecnica di fabbricazione, come la fusione, l’incisione e il martellamento, e a lavorare con materiali diversi, come il metallo e la cera, quest’ultima sciolta e pressata per creare stampi. Nella primavera del 2016 la designer ha frequentato un corso di studi all’estero alla Central St Martins, durante il quale si è iscritta ad un corso di gioielleria in resina e plastica, ma questi materiali non facevano per lei.
Helena Bajaj Larsen si è laureata a maggio 2017 al corso di laurea triennale in Fashion Design. La sua tesi, intitolata Khadi, è una collezione dedicata al lavoro artigianale indiano. Il nome del progetto rimanda ad un tessuto indiano di cotone fatto a mano, conosciuto come “il tessuto del cambiamento sociale” perché ricorda il movimento Indiano per l’Indipendenza guidato da Mahatma Gandhi. Amante dei tessuti fin da bambina, la designer ha usato questa varietà di Khadi, che comprende un mix di seta grezza, cotone, organza, etc, dipinti a mano attraverso tinture di pigmenti e acidi. A completare la linea di abiti, Helena ha progettato anche una collezione di gioielli in metallo, incentrata sulle alterazioni della superficie, come un continuum degli studi sui tessuti. Per la realizzazione dei 30 pezzi sono state usate cinque tecniche differenti: martellatura, fusione, granulazione, segatura e laminazione. Ogni metodo mostra le diverse texture applicate a orecchini, bracciali, collane e anelli, con lo scopo di illustrare come il trattamento di una superficie possa essere applicato a dimensioni diverse, così come potrebbe apparire su differenti parti del corpo.
Materiale liberatorio, il metallo è uno dei suoi medium preferiti per esprimere se stessa nelle sue creazioni, perché fondendosi, alterandosi e cambiando, dà sempre la possibilità di tornare al punto iniziale e di rimodellare qualcosa più e più volte. La lavorazione del metallo è una sorta di processo meditativo per Helena Bajaj Larsen, perché quando la fiamma investe la superficie, spuntano fuori bolle, appaiono colori e si incidono pieghe, portando alla creazione di un nuovo piccolo mondo, bloccato in una dimensione atemporale, in gioielli senza tempo.