Il lavoro dei designer è frutto di una ricerca approfondita su particolari tematiche e il processo che li conduce alla sfilata di moda, momento di presentazione di una collezione, è lungo e faticoso. Tuttavia non sempre il messaggio lanciato dai tecnici del settore viene recepito correttamente dal pubblico. C’e chi, dopo aver visto una sfilata, riduce tutto ad uno sbrigativo quanto inappropriato “sono solo vestiti”. Oggi vi spiegheremo il perché delle sontuose sfilate all’insegna del “Nothing succeeds like excess”.
Prima di centrare il core di questo discorso, tuttavia, è doverosa una premessa fondamentale.
La moda non nasce col solo intento di vestire le persone; dopo la preistoria, infatti, l’abito ha cominciato a farsi carico di significati. Virgina Wolf aveva captato l’intimo contenuto insito in ciò che si indossa. Secondo il pensiero della scrittrice, i vestiti non hanno il solo scopo di tenerci al caldo, ma “cambiano il nostro modo di vedere il mondo, e il modo in cui il mondo ci vede.”
Un compito importante, quindi, quello rivestito dai nostri jeans a zampa di elefante, o dal paio di plateau di vernice rossa che tanto ci piacciono ma che spesso non siamo psicologicamente pronte a sfoggiare. Mettiamocelo in testa: ciò che scegliamo di indossare la mattina può potenzialmente cambiare la nostra giornata. I vestiti contano e e il sogno inizia già durante la sfilata di moda.
Vorremmo far cambiare idea ai più scettici e far loro capire che la moda è molto altro che “solo vestiti”.
Ottobre 2018: per la collezione Primavera/Estate 2019 di Chanel Karl Lagerfeld fa riprodurre una spiaggia tropicale all’interno del Grand Palais. Decine di modelle elegantemente vestite hanno sfilato a piedi nudi accanto ad una banchina appositamente ricreata per l’occasione. Il tema della spiaggia è stato curato nei minimi dettagli, dall’immagine dell’Oceano riprodotta sullo sfondo sino al suono delle onde distintamente udibili durante lo show. Interviste, rassegne stampa, centinaia di foto postate sui social, buyer e milioni di euro.
Tutto ciò fa parte dell’enorme giostra che freneticamente gira intorno all’organizzazione di una sfilata di moda.
Chanel / Primavera - Estate 2019

Pensare che un tempo la “sfilata di moda” fosse un evento privato che aveva luogo nelle corti d’Europa suona un po’ strano se riflettiamo sul fatto che oggi sono veri e propri show mediatici.
Inizialmente c’erano le poupèes de mode, ovvero le bambole di moda, che, abbigliate alla parigina maniera, migravano dalla corte del Re Sole per fare tappa nei palazzi delle dame di tutta Europa promuovendo la moda francese.
Dobbiamo al couturier inglese Charles Frederick Worth la sostituzione delle bambole viaggiatrici con le modelle in carne ed ossa, le mannequenne. Le modelle servivano al couturier per mostrare le sue creazioni alle sfilate di moda stagionali, altra sua geniale intuizione. Queste “Fêtes ” continuarono per tutto il XX secolo, ed erano solitamente animate da piccoli spettacoli e performance musicali.
Fu uno dei più grandi innovatori del ’900, Paul Poiret a rendere la presentezione delle nuove collezioni un vero e proprio show piuttosto che un semplice défilé. Poiret faceva sfilare le sue modelle in location regali che spesso si estendevano in più saloni comunicanti, accordati tra loro da lunghi tappeti rossi.
Poupée de mode

Poupée de mode


Nel 1903, il negozio di New York “Ehrich Brothers“ decise di replicare l’idea parigina di mostrare le collezioni ai propri clienti dal vivo, organizzando quella che si può ritenere la prima sfilata di moda in America. L’idea del “salotto parigino” venne apprezzata dai grandi magazzini americani che iniziarono a presentare le collezioni durante la pausa pranzo o all’ora del tè. Queste sfilate che rapidamente si diffusero in tutti gli Stati Uniti erano molto teatrali e accompagnate sempre da un commento narrativo.
Fino ai primi anni ’40 la capitale della moda è stata Parigi ma quando la Seconda Guerra Mondiale rese impossibile agli addetti del settore viaggiare in Francia, l’americana Eleanor Lambert decise di lanciare nel 1943 la prima “Press Week”, nome originario della New York Fashion Week, per presentare le collezioni dei designer americani, spostando l’attenzione dei giornalisti di moda sulla moda americana. In quegli anni prendeva forma l’idea di un contenitore unico che riuscisse a riunire l’industria della bellezza e della moda, tra cui i buyer, i fornitori, gli editor.
Nel 1945 la Chambre Syndicale de la Haute Couture chiese ai brand di presentare una volta all’anno una collezione di almeno 35 pezzi, suddivisi tra look da giorno e da sera. Nascevano così le sfilate couture, che in quegli anni videro come protagonista l’italiana Elsa Schiaparelli.
Solo negli anni ’60 le sfilate iniziarono ad assumere la connotazione di evento che conosciamo. Vogue e le altre riviste di moda sostituirono le illustrazioni di moda con foto di modelle in passerella e in quel periodo si iniziò a parlare di New York Fashion Week, organizzata a Settembre e Febbraio.
Nel 1973, invece, nei saloni di Versailles nacque la settimana della moda di Parigi ideata dalla Federazione Francese della moda.
Diversa la situazione in Italia. L’aristocratico italiano Giovanni Battista Giorgini organizzò una serie di spettacoli a Palazzo Pitti a Firenze, sul modello delle sfilate americane. Il successo fu così grande che si decise di spostare l’evento in una città più grande, Milano, dove, nel 1975, ebbe luogo la prima Settimana della Moda.
La London Fashion Week, invece, è un contenitore più recente. Venne organizzata per la prima volta nel 1984 dal British Fashion Council che aveva lo scopo di promuovere il design britannico del Regno Unito all’estero. La prima settimana della moda londinese si tenne in un parcheggio ad ovest di Londra, con tende erette al di fuori del Commonwealth Institute di Kensington.
Da allora ne abbiamo viste di tutti i colori ma mai come in questo periodo storico i designer si sentono spinti dalla smania di rendere la sfilata di moda un momento unico.
La sfilata di moda non è più un evento di settore dedicato a giornalisti e buyer ma è uno “show” si è evoluto e a cui partecipano tutti: influencer in primis!
E’ diventato sempre di più un momento di sperimentazione, il cui scopo è stupire ed emozionare.
Le scenografie si fanno sempre più complesse e vedono il coinvolgimento di architetti e artisti ai quali viene chiesto di creare un set spettacolare, in cui luci, suoni, colori, siano capaci di esaltare i capi della collezione.
E’ importante, inoltre, farsi notare poiché occorre tener presente che l’effetto Instagram è ormai un fattore di massima rilevanza. E’ fondamentale che lo show stupisca e che piaccia agli “influencer”, capaci di condizionare (positivamente o negativamente) il comportamento dei consumatori.
Potremmo dire che il successo della sfilata sia direttamente proporzionale alla quantità di hashtag che riceve -l’importante è non farsi surclassare da altri post.
Nel corso degli anni si sono tenute sfilate che sono rimaste scolpite nella memoria collettiva anche quando a dettare le leggi del mercato non erano i social. The Fashion Atlas ha scelto 11 sfilate che hanno fatto la differenza per la scelta della location, delle tecnologie o semplicemente per il messaggio che intendevano comunicare. Iniziamo questo viaggio nel tempo attraverso le sfilate più particolari.
Thierry Mugler / 1984

Procedendo con ordine, ricordiamo la sfilata di Thierry Mugler del 1984 presso lo Zenith di Parigi.
Questa sfilata di moda fu tanto spettacolare da fargli guadagnare l’appellativo di principe della passerella.
Da abile affabulatore, lo stilista rappresentò la Madonna, sospesa in aria e circondata da guglie di vetro. Lo show denominato l’inverno degli angeli fu assolutamente rivoluzionario, basti pensare che furono messi a disposizione seimila biglietti per parteciparvi. Per la prima volta nella storia della moda il pubblico, composto da gente comune, ebbe la possibilità di assistere di persona ad una sfilata di moda.
Versace / Autunno - Inverno 1991-1992

Non dimentichiamo neanche la sfilata di Versace dell’autunno inverno 1991 quando, le modelle: Campbell, Crawford, Turlington ed Evangelista sfilarono assieme cantando Freedom di George Michael.
Nulla di eclatante o di particolarmente sfarzoso, eppure questa sfilata ha segnato l’inizio di un florido periodo del fashion system.
Le giovani, non ancora all’apice della loro carriera, erano precedentemente apparse nel video dell’artista “Freedom! ’90”, trasmesso su MTV.
Figurare in un video musicale in quanto modelle famose era già di per sé una novità, in più questa occasione consentì alle stesse di arrivare ad un pubblico molto più ampio che comprendeva anche chi la moda non la seguiva. Questa occasione permise loro di sfiorare vette altissime di notorietà proclamando l’ascesa della nascente figura della super model.
Il tormentato genio creativo di Alexander McQueen ha concepito nel 1999 una sfilata di fortissimo impatto concettuale. L’evento ha segnato il connubio tra moda e arte, facendoci capire fino a che punto esse siano connesse tra loro.
Il pubblico poté assistere ad una vera e propria performance – ispirata a quella dell’artista Rebecca Horn, in cui due fucili sparano vernice rosso sangue a vicenda – durante la quale, l’abito bianco indossato dalla modella Shalom Harlow, che ruotava su una piattaforma girevole, veniva spruzzato da robot per la cromatura delle automobili colorandolo di giallo e nero.
Fendi / Grande Muraglia Cinese

Sfilata dai risvolti storici quella di Fendi tenutasi nel 2007 sulla muraglia cinese, non solo per la location secolare ma soprattutto per l’aver incentivato l’ apertura di un popolo estremamente conservatore come quello Cinese.
La muraglia, emblema della chiusura è stata idealmente abbattuta per abbracciare la cultura occidentale.
Il monumento, patrimonio dell’umanità, è stato il teatro di questa manifestazione unica che ha visto sfilare su una passerella di ben 80 metri, 88 splendide modelle. Una sfilata senz’altro fuori dal comune.
Valentino Garavani / The Last Emperor

Monumentale, esattamente come la città dove si è svolta, è stata la sfilata fortemente voluta da Valentino Garavani per celebrare i fasti della sua maison prima di lasciare il brand da lui creato.
Il couturier ha voluto chiudere in bellezza la sua carriera di direttore creativo, omaggiando la sua città di adozione, Roma.
La sfilata tenutasi a Roma il 7 luglio del 2007 presso il Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia, è stata solo un tassello del dettagliato progetto voluto da Valentino Garavani. Tre giorni di eventi d’eccellenza che hanno richiamato nella Capitale i più grandi protagonisti del jet set internazionale (circa 600). L’Ara Pacis si è tinta di rosso per ospitare la spettacolare retrospettiva sui 45 anni di carriera della casa di moda.
Per l’occasione il Colosseo è stato illuminato da colonne luminescenti e da suggestivi giochi di colore progettati da Dante Ferretti.
Il designer di Voghera è stato capace di mobilitare un’intera città che ha saputo accogliere con trepidante fervore il superbo evento.
Da ricordare anche la sfilata dal sapore avanguardistico di Burberry tenutasi a Pechino nel 2011.
La sua peculiarità? I modelli sfilavano in passerella assieme ai propri ologrammi tanto da rendere estremamente difficile la distinzione tra i due.
Questa sfilata va ricordata anche per un altro primato: è stata la prima sfilata di moda “globale”, trasmessa in diretta streaming su sette siti diversi, consentendo a Burberry di raggiungere oltre 100 milioni di utenti, stabilendo un record assoluto per un brand di moda
Rick Owens / Primavera - Estate 2016

La sfilata della collezione primavera/estate 2016 di Rick Owens è una di quelle che non dimenticheremo mai.
C’è chi, soffermandosi in superficie, l’ha trovata estremamente inquietante, chi invece, indagando sull’idea proposta dall’irriverente designer, ha saputo apprezzarne i risvolti anticonformisti.
Owens ha cercato di stravolgere l’idea convenzionale sulla percezione del corpo- quello dotato di due braccia, due gambe, un busto e una testa – vestendo le sue corpulente modelle con altre modelle. Così facendo, l’abito ha mutato forma per adattarsi ad un nuovo tipo di corpo.
La sfilata della collezione primavera estate 2016 del cipriota Hussein Chalayan ha visto il dissolversi di due abiti sotto un getto d’acqua.
La pioggia d’acqua, depositandosi sulle modelle, ha fatto si che gli abiti di carta si disintegrassero per mostrare eleganti abiti bianchi ricoperti di Swarovski. Il particolare candore delle creazioni e l’estrema delicatezza con cui i due abiti si sono dissolti hanno stregato tutti: pubblico, tecnici del settore e fashion addicted.
Giorgio Armani / Sfilata Aeroporto di Linate

Altra sfilata che non è certo passata inosservata è quella tenutasi il 20 settembre 2018 in una location totalmente inedita. Il designer, promotore dell’evento di moda, è Giorgio Armani. La collezione uomo e donna della Primavera/Estate 2019, è stata presentata nell’hangar dell’aeroporto di Linate e vi hanno assistito 2300 invitati.
Per il fashion designer, l’aereoporto ha una forte valenza simbolica: luogo dal quale si parte per scoprire e al quale si torna dopo aver vissuto nuove avventure. Non è mancata la diretta in streaming su instagram, inoltre per l’occasione è stata creata una capsule collection, Emporio Armani Boarding.
Ermenegildo Zegna / Sfilata Stazione Centrale di Milano

Le sfilate sono quindi una grande giostra che da strumento per gli addetti al settore si sono trasformate nel corso degli anni in veri e propri show il cui scopo è sorprendere ed essere ricordate.
Concludiamo la nostra personalissima lista di sfilate folli e incredibili con una sfilata che di unico ha il messaggio che intende veicolare e i valori che difende: la sfilata di Ermenegildo Zegna, tenutasi pochi giorni fa durante la Milano Moda Uomo 2019 per le collezioni AI2020.
Il direttore creativo del brand, Alessandro Sartori, ha scelto di far sfilare i modelli nel salone di ingresso della Stazione Centrale di Milano, luogo simbolo della città in cui si incontrano e si fondono culture e diversità. In un momento storico in cui si alzano muri di odio, il designer sceglie di dare alla collezione una valenza sociale, difendendo i valori di inclusione e accoglienza.
Ci piace la moda che, oltre a farci sognare, si fa manifesto dell’Umanità.