Il duo creativo australiano Jack+Huei ritiene che il living coral, il colore dell’anno 2019 prescelto da Pantone, non rifletta in maniera obiettiva la realtà contemporanea.
L’azienda americana Pantone è un colosso a livello mondiale capace di influenzare tutti i campi di produzione, dal design alla moda, incidendo sulle dinamiche di consumo di tutto il mondo. Per i creativi è arrivato il momento che anche Pantone, una delle aziende più influenti a livello globale, cominci a farsi carico di responsabilità sociali.
Il colore del 2019 rischia infatti di oscurare la reale situazione degli oceani.
Esso è stato presentato come una tonalità gioiosa, e dal sapore retrò che richiama il colore delle barriere coralline. Purtroppo attualmente le barriere coralline hanno assunto ben altra colorazione. Dal 2016 i coralli sono soggetti ad un fenomeno distruttivo causato dal surriscaldamento globale che ne impedisce la sopravvivenza. Il processo, noto come “sbiancamento dei coralli”, viene innescato dall’aumento della temperatura che determina l’espulsione dell’alga presente all’interno di essi. Questo micro organismo oltre ad essere la principale fonte di nutrimento dei coralli è responsabile della loro fotosintesi e dona loro il caratteristico colore. Una volta espulsa l’alga simbiotica, il corallo si sbianca e conseguentemente muore.
Gli artisti australiani Jack Railton-Woodcock e Huei Yin Wong hanno pensato di proporre per il 2020 il bleached coral, un colore tendente al grigio chiaro, simile alla tonalità che assumono i coralli quando cominciano a sbiancarsi. La sarcastica descrizione che i due utilizzano per introdurre l’ideale colore dell’anno 2020, si propone di essere uno spunto di riflessione al fine di farci comprendere quanto sia importante che Pantone usi la propria immagine per la tutela dell’ambiente. Considerato che la moda è uno dei settori più inquinanti, secondo solo a quello dell’ Oil&Gas, si può capire il senso di questa provocazione.
Dopo la conferenza tenutasi in Svizzera per discutere dell’impatto che la moda ha sull’ecosistema, le Nazioni Unite hanno stilato una lista di 17 “Obiettivi di sviluppo sostenibile” da centrare entro il 2030.
Durante la seduta è emerso che il fashion system è responsabile del 10% delle emissioni di anidride carbonica e del 20% dello spreco globale dell’acqua.
Dati che spaventano, se consideriamo che ormai il costo di un abito è decisamente inferiore a quello di un pezzo di pane. La superficialità con la quale acquistiamo indumenti è un dato sconcertante, è arrivato il momento di “comprare responsabilmente”.
