La parola “persona” in latino significava propriamente “maschera teatrale”, a testimoniare che la vera identità di ogni individuo è sempre nascosta sotto una maschera. L’uso di celare il proprio viso sotto una maschera, dandogli allo stesso tempo sembianze diverse, è antichissimo. Attraverso le epoche e i continenti, la maschera ha risposto al bisogno dell’uomo di trasformare o dissimulare la propria identità. In rituali religiosi e rappresentazioni teatrali o nel folklore, o di rappresentare lo status sociale di una persona in riti funebri o nella società stessa.
Presso gli Egiziani esisteva l’uso della maschera funeraria che, foggiata solitamente in sottile lamina d’oro, aveva la funzione di conservare nel tempo le sembianze del nobile e ricco defunto. Tra i Greci la maschera acquistò importanza notevole nelle rappresentazioni teatrali. Gli attori del teatro greco recitavano con il volto coperto da grandi maschere che servivano sia per caratterizzare il personaggio, rendendolo perciò riconoscibile al pubblico, sia per amplificare la voce consentendole particolari risonanze. L’uso della maschera nel teatro riprese vigore con la Commedia dell’Arte nella seconda metà del ‘500. In Italia sopravvivono le maschere tradizionali della cerchia alpina e quelle dei Mammuthones della Sardegna, utilizzate durante feste e riti legati al cambiamento di stagione e alla tradizione contadina.
Da sempre l’arte della maschera è cara al continente africano. Le maschere sono, infatti, un elemento importantissimo della cultura tradizionale tribale e dell’arte dei popoli dell’Africa. La maschera africana ha sempre una valenza spirituale, e quando viene usata, collegata alla danza o alla musica con diversi strumenti, non è uno spettacolo ma un rito.
Colui che la indossa diventa una specie di strumento che permette al villaggio di mettersi in comunicazione con i propri dei, con gli antenati, i defunti, gli animali o altri spiriti della natura. Per questo motivo, danze e rappresentazioni mascherate servono da buon augurio per certi riti.
Gli animali sono fra i soggetti più comuni delle maschere africane. Lo scopo di queste maschere può essere quello di rappresentare lo spirito di un animale, in modo che diventi possibile parlargli, ma spesso l’animale è invece visto come simbolo e portatore di alcune virtù. Fra gli animali più rappresentati ci sono il bufalo, simbolo di forza, il coccodrillo, il falco, la iena, il facocero e l’antilope. Insieme agli animali, uno dei soggetti più comuni delle maschere africane è la donna, anch’essa rappresentata in forma stilizzata, per mostrare la bellezza femminile.
I materiali adoperati, pur riconoscendo che il materiale più usato è il legno, intagliato, scolpito, dipinto, sono anche tessuti, pelle di animali, corna, denti, ossa, piume, paglia, semi, conchiglie, per esempio, la paglia serve bene a rappresentare, in una maschera, la barba o la chioma.
La maggior parte delle maschere sono verticali, per essere appoggiate sulla faccia, ma altre si appoggiano sulla testa, altre ancora circondano tutta la testa come scafandri, e a volte con la maschera non si copre il volto ma il torso di chi la indossa. Esistono maschere di metallo (bronzo, oro) o di pietra, oppure di terracotta.
Durante il Ventesimo secolo le maschere africane avranno un forte ascendente sulla cultura europea, e soprattutto su alcuni movimenti artistici come il cubismo, il futurismo e l’espressionismo. Pablo Picasso e Salvador Dalì sono solo alcuni degli artisti che si sono lasciati ispirare dalla suggestione e dal fascino delle maschere tribali.

Maschera funeraria Egitto

Maschera greca

Maschera Mammuthones

Maschera africana
Nell’immenso continente asiatico vi sono numerose tradizioni legate a cerimonie religiose, ma anche diverse tradizioni teatrali. Si devono quindi distinguere le tradizioni artistiche della maschera della Cina, del Giappone, dell’India, dell’Indonesia. I materiali adoperati sono vari: prevalgono il legno e le pelli di animali, ma molto usata è la cartapesta, oltre alle piume e alle pietre preziose. In molte maschere c’è un terzo occhio, che rappresenta l’anima.
In Cina troviamo le maschere usate nei riti di esorcismo, praticati soprattutto nel sud della Cina, che hanno lo scopo di spaventare e cacciar fuori di casa i demoni. La maschera rappresenta animali fantastici, come la fenice o il drago. Il dragone è maschera particolare, poi, nel teatro tradizionale. Esso è simbolo benevolo, di prosperità e di lunga vita.
Si dice che dalla Cina sia stato introdotto in Giappone l’uso della maschera intagliata in legno, laccata e dipinta, con tratti realistici, che dovevano far individuare gli stati d’animo. Nacque in seguito, nel quattordicesimo secolo – come invenzione puramente giapponese – la famosa forma di teatro chiamata teatro Noh, con maschere stilizzate, austere, e tipi fissi.
Nell’India settentrionale si svolgono feste danzanti con le maschere, di legno o di cartapesta, dove si vuol rappresentare la vittoria del bene sul male. Passando all’Indonesia, troviamo una maschera detta sina, un animale mitico, dalla testa intagliata con una grande cresta.
Sulle passerelle la maschera è diventata sempre di più un’ingombrante tendenza. Maschere che indossiamo come abiti, sul palcoscenico comune della vita per un frammento di questa. Ma è possibile rivelarsi celando? La risposta sembra sì. Alexander McQueen, Rick Owens, Vivienne Westwood, Gucci, Vetements, Maison Margiela, Dior, Alyx, A-COLD-WALL*, Palm Angels. Sono diversi i nomi di coloro che hanno compreso il potere di questo accessorio e il suo appeal.
Rick Owens è un designer noto per i riferimenti sociopolitici che inserisce nelle sue creazioni. Per la collezione SS19 propone una maschera facciale con lunghi viticci neri che copre il viso e raggiunge le ginocchia. Il Signore delle tenebre è un uomo di estremi e mantiene la sua firma estetica teatrale ed espressiva, ricca di concetti astratti, decostruzioni e sartoria dalle spiccate doti.
La sfilata di Gucci FW19/20 è una festa in maschera a tema horror. Alessandro Michele, direttore creativo, ha proposto maschere di pelle bianche, celesti, rosse, nere, dorate, che vanno a coprire interamente il viso o solo una parte. Alcune somigliano a maschere kato, altre oscillano fra l’horror e il sadomaso, con spike in metallo che fuoriescono dai lati e ornano collari e vestiti. L’ispirazione nasce proprio dal significato della maschera e il suo legame con ciò che indossiamo.
Vetements, nel corso degli anni ha reso normali capi fino a quel momento considerati improbabili. Claustrofobiche, pesanti e integrali, le maschere presentate da Demna Gvasalia sulla passerella Vetements SS19, sono state create dal designer ispirandosi al suo passato.

Maschera Cina

Maschera Giappone

Maschera India

Maschera Indonesia

Les Demoiselles d’Avignon

Elsa Schiaparelli

Maschera Rick Owens

Maschera Gucci FW19

Maschera Vetements

Maschera Dior SS18
Una menzione speciale va a Maison Margiela, marchio belga tra i più segreti, che qualche anno fa ha mandato in passerella i suoi modelli decostruiti con le modelle con il viso coperto da incredibili maschere in lattice nero indossate in principio da chi pratica BDSM. Simili ad alieni, le modelle senza volto inquietano.
Richard Quinn, giovane designer, già vincitore del premio H&M Design Award. Tessuti e stampe stravaganti, uniti a capi che coprono completamente i corpi dei modelli, creano un effetto glorioso e inquietante allo stesso tempo.
Un altro artista che sta avendo molto successo è James Merry, anche collaboratore di Björk. Più famoso per le felpe ricamate, crea maschere che meritano di essere menzionate per la loro costruzione e ricercatezza.
Tutto questo dimostra che, qualunque fosse il loro uso e la loro destinazione, le maschere hanno avuto sempre un ruolo importante, affascinante, e hanno preso sempre più spazio all’interno della letteratura e, nell’ultimo secolo, nell’arte cinematografica.
Pensiamo al fenomeno di costume legato alla serie TV spagnola La casa de papel, dove i criminali protagonisti del racconto sono entrati di prepotenza nell’immaginario attuale con le loro maschere di Salvador Dalì. La maschera, qui, ha un ruolo sicuramente funzionale e permette ai fuorilegge di camuffare le loro identità, ma assume anche un ruolo simbolico, scegliendo le sembianze di uno dei personaggi più amati della cultura spagnola.
Parlando di maschere e contestazioni, però, non possiamo tralasciare la massima espressione di questa associazione: V for vendetta. Ispirato al capolavoro di Alan Moore, il film del 2006 delle sorelle Wachowski ha consacrato la tendenza trans-mediale della maschera e la sua straordinaria carica simbolica.
Un accessorio a tratti bizzarro, ma che racconta usanze e riti antichi. Possiamo leggere in tutte queste maschere una provocazione, un messaggio profondo o anche punk e di ribellione. Sicuramente la maschera porta in sé quell’alone di mistero, proteggendo e nascondendo il volto di chi la indossa, forse per svelarne la vera natura.

Gucci

Maschera Maison Margiela

Maschera Richard Quinn

Maschera James Merry

Maschera Alexander McQueen

Maschera Vivienne Westwood

Maschera Palm Angels Fall 2018

Maschera La casa de papel

Maschera V per vendetta