Ad Anversa 18 laureandi in Fashion Design alla Royal Academy of Fine Arts hanno portato in passerella le loro creazioni, a conclusione di un percorso durato 4 anni di libertà creativa e sperimentazione; protetti dal mondo della fashion industry, hanno potuto dare sfogo al proprio estro, sotto la direzione di Walter van Beirendonck, lo stesso Walter van Beirendonck che negli anni 80, insieme a Dirk Bikkemberg, Ann Demeulemeester, Dries van Noten, Dirk Van Saene, Marina Yee e, a titolo onorifico, Martin Margiela, faceva parte degli Antwerp Six, allora sconosciuti aspiranti stilisti che, grazie alla visione eclettica della moda del loro mentore Linda Loppa, riuscirono a ritagliarsi uno spazio importante alla London Fashion Week nel 1986, facendo del design belga un punto di riferimento importante nel panorama della moda internazionale.
Se questo non basta a incuriosirvi vi nominerò anche Haider Ackermann, Kris Van Assche, Raf Simons, Demna Gvasalia solo per farvi capire l’importanza di questa fucina di idee.
Nell’attesa di scoprire chi fra loro non sarà più solamente un impronunciabile nome straniero, The Fashion Atlas vi dà un assaggio di quello che è stato proposto da ciascun designer.
Maximilian Welsch estremizza le forme di modelli classici, come trench, gonne a tubino, giacche a doppio petto, bilanciando perfettamente la dicotomia tra desiderio di individualità e senso di appartenenza.
Il tutto attraverso un perfetto equilibrio SEMI FORMAL.




Ripercorrendo la sua storia familiare, Sanan Gasanov ha scoperto i ricami della nonna che oggi ispirano la sua collezione GRAND_MA.
A dimostrazione che la moda può essere qualcosa di familiare, come un oggetto che ritroviamo sbirciando nei cassetti delle nostre case.




Per questa collezione PURPLE BLOODED la giovane designer Raphaele Lenseigne ha collaborato con l’artista Barbara Massart,
Capi dalle forme rigide e severe che si evolvono in strutture voluminose e complesse.
Da qui il concept della collezione: ciò che appare e ciò che siamo!




La designer Marta Twarowska utilizza i suoi ricordi della Polonia post comunista per creare capi kitsch.
Tessuti old fashioned rielaborati in forme strutturate e HYPERREAL.




Nastasia Fine ha trovato l’ispirazione nelle bambole, sintetizzando perfettamente l’idea di FeMmE EnFaNt – ObJeT AmOuR.
Colletti increspati, tessuti strutturati accostati ad audaci trasparenze.




Possono materiali fragili ed effimeri conferire meno valore al lavoro di un designer?
Ken Boonsong Thaodee risponde utilizzando il cartone che, increspandosi, cambia forma e dona dinamicità ai capi grazie ad un sapiente uso di sovrapposizioni e accostamento di colori.




FISH OR FIGHT: due mondi che si incontrano.
Rushemy Botter unisce i colori e la vivacità di Curaçao, suo paese di origine, con lo stile vestimentale del Vecchio Continente in quella che per molti dei suoi compatrioti trasferitisi in Europa è una lotta per la sopravvivenza, per “migliorarsi” e conformarsi ad una cultura differente.




In questa collezione EPOS OF THE EGO Robbie Van Mierlo si racconta in un modo illusorio e fantastico, attraverso un ‘homo universalis’.
Un filosofo, un poeta, un artista, un ballerino, che sfila in passerella con abiti, femminili e maschili, dai tagli ricercati e dalle forme strutturate.




La collezione DAMES di Sander Bos si ispira a quelle donne dedite alla vita domestica.
La designer propone capi dalle silhouette estremizzate e decomposte che camuffano e nascondono la loro personalità e identità.




Joanna Chlust si è ispirata all’artista Geta Brătescu e alle foto di pazienti psichiatrici di Deborah Turbeville.
La designer trasferisce l’inquietudine nelle sfumature violacee della collezione HORROR VACUI e la addolcisce grazie all’utilizzo di tessuti morbidi che conferiscono ai capi una dimensione intima e personale.




Iuliia Gulina si è lasciata ispirare dall’artista Marliz Frencken e dalle sue opere provocatrici.
MY ANGEL LIKES IT ROUGH: colori forti e audaci legati insieme da un ardimentoso mix di forme e tessuti.




In uno scenario da science fiction, che cosa indosserebbero ipotetici viaggiatori interplanetari dopo qualche anno di vita su Marte?
Dopo i primi periodi in tute spaziali informi l’attitudine dell’uomo alla moda e al design inizierebbe a imporsi? Per Lukáš Spilka la risposta è scontata e sintetizzata nella collezione MARS.




La collezione di Eduard Both si ispira dall’opera di Hans Arp “DIE NATURE DER DINGE”.
La connessione con l’essenza delle cose e la versatilità di materiali come la plastica lo hanno spinto ad accostare tessuti in lurex alla lana, giacche impermeabilizzate a tessuti morbidi, tinte unite a fantasie camouflage e righe colorate.




Riuscire a vedere la bellezza nei rifiuti prodotti dal consumismo estremo non è un’operazione semplice.
David Ring ci è riuscito e l’ha raccontata nella sua collezione DAD I’M GAY ricca di materiali inusuali e capi colorati che ricordano opere impressioniste e pointilliste.



