“La diversità è una forma di unicità che ci rende tutti uguali”.
E’ questo il motto che sentiamo prorompente echeggiare da non molto tempo a questa parte.

L’estetica del “diversamente bello”, dell’unconventional beauty leggi qui l’articolo sull’unconventional beauty  – ha cominciato a prendere piede contagiando in primis il mondo della moda. Giovani affetti da patologie più o meno evidenti quali: vitiligine e albinismo hanno sfilato in passerella, seguiti da modelle oversize, androgine e transessuali.
Se diverso è unico, una modella in sedia a rotelle non dovrebbe destare tanto stupore, eppure ad oggi le persone disabili sono ancora viste con occhi diversi e risulta difficile pensare ad esse come potenziali compratori con un proprio stile, specialmente in Italia.

Uno dei primi designer a celebrare la disabilità in un momento in cui la moda aveva completamente rimosso il problema, fu Alexander Mc Queen. Lo stilista, per la collezione primavera estate del ’99, fece sfilare l’atleta Aimée Mullins, priva di gambe, facendole percorrere la passerella con un paio di protesi in legno intagliate da lui stesso. Il designer inglese si è sempre distinto per le sue scelte fuori dal comune e la sfilata Savage Beauty rimarrà senz’altro una delle più memorabili proprio perché tesa ad esaltare ogni tipo di bellezza, anche quella anticonvenzionale.

Più di recente Teen Vogue ha intervistato tre giovani disabili elevandole a modelle vere e proprie. Le tre ragazze:
Chelsea Werner (ginnasta), Jillian Mercado (influencer) e Mama Cax (blogger) sono un esempio per tutti. I giovani -disabili e non- hanno bisogno di modelli di questo tipo a cui ispirarsi.
Il lungo servizio è stato scritto dalla giornalista affetta da paralisi cerebrale Keah Brown, la quale, come riporta Vanity Fair, ha dichiarato: «Essere magre, fisicate, bianche e alte: sono stati questi i rigidi canoni di bellezza a cui storicamente hanno risposto le modelle. Mentre guardiamo quel mondo spostarsi lentamente verso ideali più inclusivi riguardanti l’etnia, la taglia, il genere e l’orientamento sessuale, allo stesso modo questo slittamento dovrebbe includere anche i corpi disabili»

Parole che ripongono grande speranza di cambiamento nel futuro della moda, quelle di Keah Brown, ma se finalmente la normalità comincia a sfilare in passerella è giusto che il sistema della moda inizi a dare spazio anche alle esigenze delle persone affette da disabilità. L’abbigliamento per persone con handicap di vario genere deve essere comodo ma anche “cool” e consentire a chi lo indossa di esprimere la propria personalità. La praticità non può prevalere sull’estetica ma deve camminare di pari passo con essa.

Sembra averlo capito bene il designer Tommy Hilfiger che apre la pista verso un nuovo modo di creare abiti per chi ha problemi motori. Si chiama “adaptive fashion” e all’estero se ne parla già tanto. Nel 2016 lo stilista aveva creato una collezione specifica per i bambini con gravi disabilità motorie, la linea si è poi estesa anche agli adulti e questo è il terzo anno che viene lanciata nuovamente sul mercato. Gli abiti della linea “Adaptive” sono basic ma più facili da indossare grazie ad alcune modifiche quali: bottoni magnetici, orli e fianchi regolabili, sistemi di chiusura tramite cordino elastico. Molto potente il claim del breve film diretto da James Rath, finalizzato alla promozione della nuova collezione autunno/inverno 2018 del designer statunitense: “La mia abilità è più forte della mia disabilità”. Lo sa bene Rath, affetto da albinismo oculare e nistagmo dalla nascita.

Sebbene moda e disabilità siano un connubio inedito per il bel paese, sembrano dare buoni frutti. Emblematico è il caso di Bebe Vio che oltre ad essere primatista paraolimpica e combattente instancabile è anche ambasciatrice ufficiale della maison Dior.
Nonostante il caso della giovane atleta abbia destato non poche attenzioni circa il dibattito “moda-handicap”, ciò sembra essere un caso isolato e se all’estero si respira aria di cambiamento, l’Italia tarda a muovere i primi passi verso una moda più “disability-friendly”. Si è tenuta a giugno la “Rome inclusive fashion night” presso il St.Regis Hotel, durante la quale hanno sfilato in passerella modelli convenzionali e modelli disabili. Quando il “diverso” non farà più notizia allora si potrà parlare di integrazione a tutti gli effetti.
E’ importante riservare uno spazio alle persone con disabilità ma è fondamentale che esse si inseriscano nella società e se la moda può essere veicolo di integrazione ben venga.

A tal proposito ci ha particolarmente colpito la campagna primavera estate 2019 del giovane designer George Keburia che ha scelto come modella la piccola Lile Sulaberidze, affetta da sindrome di down. Abbiamo deciso di intervistare lo stilista georgiano, leggete cosa ci ha risposto.

La diversità è una forma di unicità ma allo stesso tempo le persone sono tutte uguali, per questa ragione una modella disabile non dovrebbe essere motivo di gran stupore. Con la tua scelta hai voluto sottolineare la diversità o l’uguaglianza?

In realtà, non ho provato a sottolineare qualcosa con la mia scelta. Lile è la sorella della mia amica Nina Sublatti, una nota cantante Georgiana. Mentre lavoravo alla collezione primavera estate 19, ho visto un video di Lile su instagram. Immediatamente ho capito che sarebbe stata perfetta per la campagna. Lile è dolce e gentile, una piccola miss sunshine. Ha svolto un lavoro fantastico e collaborare con lei è stato un piacere per tutto il team, è stata capace di rendere l’atmosfera vivace e gioiosa.

Secondo te la moda può essere un modo per integrare le persone con disabilità nella società? Pensi che la moda possa aiutarle a sentirsi maggiormente parte di una comunità, più sicure di se’?

Credo che sia molto importante includere persone con disabilità in quanti più campi possibili, e la moda non fa eccezione. Dovremmo farli sentire parte di una comunità e facilitare la loro piena partecipazione alle attività sociali. Questo, non solo aiuterebbe le persone ad accrescere la propria autostima sentendosi più apprezzate dalla società, ma al contempo renderebbe la scena della moda ancor più interessante e varia.

Le persone con gravi disabilità motorie non riescono ad infilarsi addosso gli indumenti così facilmente. Hai creato abiti fatti appositamente per loro?

Al momento, non ho ancora creato articoli per persone disabili, ma molti capi della mia ultima collezione sono facili da indossare e si potrebbero definire “disability-friendly”.

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Shaun Ross- Winnie Harlow- Rain Dove

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Protesi ideata da Alexander Mc Queen per la modella Aimée Mullins

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Bebe Vio ambasciatrice Dior

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Copertina di Teen Vogue

Jillian Mercado (influencer), Chelsea Werner (ginnasta), Mama Cax (blogger)

Tommy-hilfigher collezione autunno/inverno 2018 adaptive fashion

Tommy Hilfiger collezione AI 2018 / linea adaptive fashion

George Keburia SS19

George Keburia SS19